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La Divina Commedia di Dante Alighieri, scritta tra il 1304 e il 1321, è un capolavoro che riflette la sofferenza dell'esilio e la ricerca di giustizia. L'opera, strutturata in canti, esplora temi come la dismisura umana, rappresentata dalla figura di Ulisse, e la triplice identità di Dante come personaggio, narratore e autore. Giovanni Boccaccio, primo biografo di Dante, contribuì all'interpretazione esegesi dell'opera, che continua a influenzare la letteratura contemporanea.
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Gli studiosi concordano che la stesura del poema si collochi tra il 1304 e il 1321, con la maggior parte che propende per un inizio intorno al 1308
La struttura del poema suggerisce una composizione non sequenziale, ma per blocchi di canti, con alcuni forse scritti in momenti diversi
Le discontinuità nel testo, come quelle tra il VII e l'VIII canto dell'Inferno, testimoniano una scrittura non lineare, probabilmente interrotta e ripresa nel corso degli anni
Il titolo "Divina Commedia" non fu scelto da Dante, ma gli fu attribuito postumo, e si affermò definitivamente solo nel 1555
Boccaccio coniò il termine "commedia" per sottolineare lo stile semplice e l'uso del volgare
Boccaccio fu anche un acuto interprete dell'opera dantesca, fornendo dettagli sulla vita e sulla condizione fisica di Dante e sulla diffusione dei canti dopo la morte dell'autore
Dante si manifesta nella Divina Commedia come personaggio principale che intraprende il viaggio ultraterreno
Dante si manifesta anche come narratore che guida il lettore attraverso il racconto
Dante si manifesta anche come autore che plasma l'opera con intenti didascalici e profetici, interagendo con i lettori su più livelli