Il Capitale: l’analisi storica
Marx ripercorre l’evoluzione storica per individuare i rapporti che sono intercorsi tra le varie classi sociali:
- Rapporto schiavo-padrone, di forte subordinazione e con nessuna libertà per il servo;
- Rapporto contadino-signore feudale, in cui il secondo godeva di molti più diritti ma il primo aveva comunque maggiori libertà rispetto ad uno schiavo;
- Uguaglianza di tutti gli uomini di fronte alla legge in seguito alle rivoluzioni borghesi. Nonostante ciò, i proletari si trovano in una situazione di inferiorità rispetto ai capitalisti, con una forte contraddizione rispetto alla teorica parità degli esseri umani.
Da questa analisi, Marx trasse due conclusioni. Innanzitutto, evidenziò come le caratteristiche delle diverse società sono sempre determinate dai rapporti di produzione interni alle stesse. Inoltre, individuò una contraddizione interna all’ultima fase, quella capitalista, che cercò di spiegare nel secondo e terzo libro de Il Capitale.
Il Capitale: la società capitalista
La contraddizione della società capitalista nasce da due fattori principali: la doppia natura della merce e l’essenza dell’economia borghese.
Secondo Marx, la merce ha un valore d’uso, rappresentato dalla sua reale utilità. Parallelamente, però, essa ha anche un valore di scambio, rappresentato da quanto vale in paragone con gli altri beni esistenti. Secondo la teoria del valore, solo un crescente tempo impiegato per la produzione può corrispondere all’aumento del valore stesso;
L’economia borghese è caratterizzata dal fatto che i proprietari (o imprenditori) producono non per consumare, ma per accumulare ricchezza. Questo fine è raggiungibile solo grazie al pluslavoro degli operai, che si ritrovano – per dei rapporti di forza – costretti a offrire una porzione del loro lavoro gratuitamente.
Il ruolo del Capitale nell’economia di mercato
Marx elaborò anche la teoria degli “schemi di riproduzione del capitale”, fondamentali nello spiegare come esso viene generato e circola per poi essere riprodotto. Secondo il suo pensiero, i momenti di espansione dell’economia capitalista possono nascere solo dal caso, dal momento che teoricamente tutta la ricchezza prodotta dovrebbe essere riutilizzata per far ripartire la ciclica produzione capitalista.
Nell’evoluzione del capitalismo e delle sue contraddizioni gioca un ruolo fondamentale la (sempre maggiore) produttività. Dal momento che le innovazioni tecnologiche consentono di produrre le stesse quantità in tempi sempre inferiori, il pluslavoro (e quindi il plusvalore) è destinato a diventare sempre meno consistente, mandando in crisi l’unica fonte di profitto degli imprenditori.
Come naturale conseguenza, Marx afferma che il liberalismo e il capitalismo sono destinati ad implodere e distruggersi per le loro stesse contraddizioni interne. Da questa crisi irreversibile ne nascerà dunque una nuova forma di organizzazione politica delle società, ovvero il comunismo, in cui non esiste mano invisibile a controllare il mercato, ma solo l’unione tra liberi uomini che determinano il processo produttivo più adatto alle esigenze di tutti.