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La vita di Primo Levi, chimico e scrittore, testimonia la brutalità dell'Olocausto e l'importanza della memoria storica. Dalla laurea in chimica alla deportazione ad Auschwitz, fino al ritorno in Italia e il successo letterario con opere come 'Se questo è un uomo', Levi diventa simbolo di resistenza e dignità umana.
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Durante gli anni del Ginnasio D'Azeglio, Levi si distinse per il suo interesse verso la chimica
Leggi razziali fasciste
La carriera universitaria di Levi fu ostacolata dalle leggi razziali fasciste introdotte nel 1938
Laurea con lode nonostante le discriminazioni
Nonostante le limitazioni imposte agli ebrei, Levi riuscì a laurearsi con lode nel 1941
Dopo la laurea, Levi trovò lavoro in una miniera d'asbesto e successivamente si trasferì a Milano dove trovò un impiego più qualificato
Dopo essere stato catturato dalla milizia fascista, Levi fu internato nel campo di transito di Fossoli
Nel 1944, Levi fu deportato ad Auschwitz dove fu immatricolato con il numero 174517
La sopravvivenza di Levi ad Auschwitz fu dovuta a una combinazione di fattori, tra cui la sua conoscenza del tedesco e l'amicizia con Lorenzo Perrone
Dopo la liberazione, Levi tornò in Italia e iniziò a raccontare la sua esperienza nei campi di sterminio scrivendo "Se questo è un uomo"
Dopo la riedizione del libro nel 1958, "Se questo è un uomo" ottenne un ampio riconoscimento e incoraggiò Levi a proseguire la sua attività letteraria
La produzione letteraria di Levi include opere come "La tregua", "Se non ora, quando?" e "I sommersi e i salvati", che esplorano temi legati alla Shoah, alla resistenza e alla condizione umana
Negli ultimi anni della sua vita, Levi si dedicò interamente alla scrittura e ottenne riconoscimenti come il Premio Prato e il Premio Campiello
Nonostante il successo letterario, la vita di Levi fu segnata dal peso dei ricordi dell'Olocausto
Nel 1987, Levi morì in circostanze tragiche, la cui natura - suicidio o incidente - rimane oggetto di dibattito