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La situazione dell'Italia nel primo dopoguerra

L'Italia post-Prima Guerra Mondiale affrontò sfide territoriali e politiche. Il Patto di Londra e il Trattato di Versailles lasciarono insoddisfazioni, sfociate nella retorica della 'vittoria mutilata' e nell'occupazione di Fiume da parte di D'Annunzio, eventi che preludono all'ascesa del fascismo.

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1

Patto di Londra 1915

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Accordo segreto tra Italia e Alleati per cessione di territori in caso di vittoria.

2

Principio di autodeterminazione dei popoli

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Promosso da Wilson, influenzò decisioni territoriali a sfavore dell'Italia.

3

Ritiro delegazione italiana da Versailles

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Reazione italiana alla proposta di Wilson su Istria e Fiume, aprile 1919.

4

Compromesso territoriale italiano post-Versailles

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Italia ottenne Trentino-Alto Adige, Trieste, ma non piena soddisfazione rivendicazioni.

5

Il malcontento per i risultati del trattato di pace ha portato alla nascita della retorica della '______ ______' in Italia.

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vittoria mutilata

6

Nel ______ 1919, Gabriele D'Annunzio occupò la città di ______, rivendicandola per l'Italia.

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settembre Fiume

7

Il Trattato di ______ del 1920 pose fine all'occupazione di Fiume, stabilendo la città come entità ______ indipendente.

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Rapallo libera

Q&A

Ecco un elenco delle domande più frequenti su questo argomento

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La situazione dell'Italia nel primo dopoguerra

Al termine della Prima Guerra Mondiale, l'Italia si trovò ad affrontare una serie di sfide sia sul piano interno che internazionale. Sebbene fosse annoverata tra i Paesi vincitori, le aspettative territoriali italiane, espresse nel Patto di Londra del 1915, furono parzialmente disattese. Durante il Trattato di Versailles, l'Italia ottenne il Trentino-Alto Adige, Trieste e altre aree minori, ma le sue rivendicazioni sulla Dalmazia e su una porzione più ampia dell'Istria furono respinte, in parte a causa dell'opposizione del presidente statunitense Woodrow Wilson, che promuoveva il principio di autodeterminazione dei popoli, e in parte per la resistenza del nascente Regno dei Serbi, Croati e Sloveni (in seguito Jugoslavia). La proposta di Wilson di aprile 1919, che suggeriva di escludere l'Italia da una parte dell'Istria e di rendere Fiume una città libera, causò grande scontento in Italia e portò al temporaneo ritiro della delegazione italiana dalla conferenza di pace. Nonostante il ritorno della delegazione a Parigi, l'Italia dovette accettare un compromesso che non soddisfaceva le sue ambizioni territoriali.
Gruppo di soldati italiani in divisa d'epoca post-bellica, con espressioni serie, in una strada storica con sfondo di edifici sfocati e bandiera tricolore parzialmente visibile.

La retorica della "vittoria mutilata" e l'occupazione di Fiume

Il sentimento di insoddisfazione per gli esiti del trattato di pace diede vita in Italia alla retorica della "vittoria mutilata", che sosteneva che i sacrifici e i successi militari italiani non fossero stati adeguatamente ricompensati. Questo clima di malcontento fu sfruttato da figure nazionaliste come Gabriele D'Annunzio, che nel settembre 1919 guidò un'impresa non autorizzata occupando la città di Fiume, rivendicandola per l'Italia. L'occupazione di Fiume, che durò oltre un anno, fu un episodio emblematico del periodo post-bellico italiano, riflettendo il crescente dissenso popolare e la fragilità delle istituzioni democratiche. Nonostante l'occupazione fosse stata inizialmente popolare, essa si concluse con il Trattato di Rapallo del 1920, in cui l'Italia e il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni risolsero le loro dispute territoriali, lasciando Fiume come città libera indipendente. Questo evento contribuì ad alimentare il clima di instabilità politica che avrebbe poi facilitato l'ascesa del fascismo in Italia.