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L'ascesa del fascismo in Italia e la marcia su Roma rappresentano un periodo cruciale della storia italiana. Guidato da Benito Mussolini, il fascismo sfruttò il malcontento post-bellico e la paura del comunismo per guadagnare consenso. La crisi del governo liberale e l'incertezza del re Vittorio Emanuele III portarono Mussolini al potere, segnando l'inizio di un regime autoritario. Il consolidamento del potere fascista fu marcato dalla violenza squadrista e dalla legge Acerbo, culminando con le elezioni del 1924 e l'assassinio di Giacomo Matteotti.
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Mussolini guidò il movimento fascista in Italia negli anni '20
Trasformazione nei Fasci Italiani di Combattimento
Il movimento fascista si trasformò nei Fasci Italiani di Combattimento nel 1921
Risposta all'episodio di Sarzana
Il cambiamento del movimento fascista fu una risposta all'episodio di Sarzana, dove i carabinieri repressero un'azione squadrista
Mussolini abbandonò le posizioni repubblicane e filo-socialiste per una politica autoritaria e monarchica, attirando anche i nazionalisti e la borghesia
Durante il congresso del PNF a Napoli nel 1922, Mussolini annunciò la marcia su Roma
Esitazione del re Vittorio Emanuele III
Il successo della marcia su Roma fu dovuto all'esitazione del re Vittorio Emanuele III, che rifiutò di firmare lo stato d'assedio
Invito a Mussolini a formare un nuovo governo
Il re invitò Mussolini a formare un nuovo governo il 30 ottobre 1922
L'Italia, uscita sconfitta e impoverita dalla Prima Guerra Mondiale, era attraversata da forti tensioni sociali e politiche
La classe politica tradizionale era vista come incapace di risolvere i problemi del paese, alimentando il desiderio di un governo forte
La scelta del re di non firmare lo stato d'assedio e di affidare il governo a Mussolini fu determinante per l'instaurazione della dittatura fascista
Mussolini formò un governo di coalizione che includeva rappresentanti di diverse forze politiche
Il governo fascista limitò le libertà sindacali e soppressi le cooperative socialiste
La violenza politica divenne sistematica, come dimostrato dagli omicidi di figure antifasciste come don Giovanni Minzoni e Giovanni Amendola