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L'esperienza mistica di Dante nella Divina Commedia rivela la tensione tra descrizione e ineffabilità del divino. Il poeta usa metafore visive e simboli geometrici per avvicinarsi alla verità ultima, culminando nella preghiera a Maria di San Bernardo.
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Dante utilizza la metafora visiva per descrivere la percezione della luce divina, simbolo della conoscenza e della verità ultime, ma si scontra con la difficoltà di tradurre un'esperienza trascendente in termini intellettuali e razionali
La visione del libro che racchiude l'ordine dell'universo
Nel culmine della sua esperienza mistica, Dante intravede la totalità del sapere divino simboleggiata dalla visione di un libro che rappresenta l'ordine dell'universo, in netto contrasto con la frammentarietà e la limitatezza del sapere umano
La gioia ineffabile della visione paradisiaca
La visione paradisiaca è caratterizzata da una gioia ineffabile che conferma la veridicità dell'esperienza mistica, ma al contempo si traduce in un oblio parziale simile a quello che segue un sogno o un'impresa eroica
Dante utilizza immagini geometriche e simboliche per riflettere il suo tentativo di conciliare la sete di conoscenza intellettuale con l'ineffabilità dell'esperienza mistica
Di fronte al mistero ultimo che conduce alla verità assoluta, Dante si affida a simboli e allegorie per evocare ciò che sfugge alla parola e rischia di appiattire l'esperienza divina a una dimensione relativa e immanente
Dante utilizza l'analogia del sogno per suggerire la memoria labile ma intensa dell'esperienza divina, simile a quella che si conserva dopo un sogno o un'impresa eroica
San Bernardo esalta Maria come "meridiana face di caritate" e "fontana vivace di speranza", sottolineando il suo ruolo di mediatrice di grazie divine e ponte tra l'umano e il divino
La preghiera di San Bernardo alla Vergine Maria si articola in due parti: le lodi a Maria e la supplica per Dante, che simboleggia l'intera umanità in cerca di salvezza e di ascesa verso la beatitudine eterna