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La pena di morte in Italia: evoluzione storica e abolizione definitiva

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L'abolizione della pena di morte in Italia è un viaggio storico che inizia con l'unificazione del 1861 e culmina con la riforma costituzionale del 2007 e la ratifica del Protocollo 13 nel 2009. Cesare Beccaria, con la sua critica illuminista, ha posto le basi per un approccio alla giustizia penale più umano, influenzando le riforme giuridiche europee e promuovendo l'abolizionismo.

La pena di morte in Italia: evoluzione storica e abolizione definitiva

L'evoluzione della pena di morte in Italia è un percorso che si intreccia con la storia del paese, segnato da momenti di abolizione e reintroduzione. Con l'unificazione italiana del 1861, si presentò la sfida di armonizzare i diversi codici penali, tra cui quello toscano che non prevedeva la pena capitale, e quello del Regno di Sardegna che la contemplava. Il Codice penale Zanardelli del 1889 rappresentò un passo significativo verso l'abolizione, escludendo la pena di morte, sebbene fosse mantenuta nel codice militare e in situazioni eccezionali. Durante il regime fascista, la pena di morte fu estesa anche a reati comuni e politici. Il processo di abolizione riprese nel dopoguerra con il Decreto legge 224 del 1944, che la eliminò dal codice penale, pur mantenendola per reati legati al fascismo e al collaborazionismo. La Costituzione italiana del 1948 segnò un punto di svolta, abolendo la pena di morte in tempo di pace, ma lasciandola nel codice militare in tempo di guerra. Solo nel 1994, con la legge n. 589, l'Italia estese l'abolizione anche ai reati militari in tempo di guerra, e nel 2007, con la riforma dell'articolo 27 della Costituzione, si precluse ogni possibilità di reintroduzione. Infine, nel 2009, l'Italia ha sancito il suo impegno internazionale contro la pena di morte ratificando il Protocollo 13 alla Convenzione europea sui diritti umani, che proibisce la pena di morte in tutti i casi senza eccezioni.
Statua in bronzo di uomo in abiti settecenteschi con mano destra alzata e libro nella sinistra su piedistallo di pietra in parco con alberi.

Il contributo di Cesare Beccaria alla lotta contro la pena di morte

Cesare Beccaria, giurista e filosofo illuminista, ha avuto un ruolo cruciale nella critica alla pena di morte con la sua opera "Dei delitti e delle pene" (1764). Beccaria contestava la legittimità e l'efficacia della pena capitale, sostenendo che non fosse né un deterrente efficace né moralmente giustificabile. Egli vedeva la pena di morte come un atto di guerra dello Stato contro il cittadino, piuttosto che un esercizio di giustizia. Beccaria proponeva pene alternative, come il carcere e il lavoro forzato, che a suo avviso avrebbero avuto un effetto più dissuasivo e sarebbero state più coerenti con i principi di rieducazione del condannato. La sua visione influenzò profondamente il pensiero europeo e contribuì a porre le basi per le future riforme giuridiche, promuovendo un approccio alla giustizia penale più umano e razionale.

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00

Codice penale Zanardelli 1889

Esclusione pena di morte, mantenuta solo codice militare e casi eccezionali.

01

Regime fascista e pena di morte

Estensione pena di morte a reati comuni e politici.

02

Decreto legge 224 del 1944

Abolizione pena di morte da codice penale, mantenuta per reati fascismo e collaborazionismo.

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