Il contenuto
I fatti vengono esposti solitamente in ordine cronologico, nonostante ci siano alcune eccezioni; i seguenti sottotitoli rappresentano i temi trattati nei vari capitoli dell’opera.
Il viaggio e l’arrivo (capitoli 1, 2 e 3)
Levi narra il viaggio disumano (e in molti casi fatale) degli ebrei italiani portati temporaneamente a Fossoli, consapevoli che molti di loro moriranno. Una volta arrivati ad Auschwitz viene assegnato ai sopravvissuti un numero che rappresenta la loro nuova identità – nonché il momento di arrivo e la posizione nella gerarchia interna. Le nuove regole a cui sono esposti sono subito chiare:
- Non fare domande;
- Non mostrare incomprensione;
- Dare valore agli oggetti essenziali per sopravvivere;
- Il linguaggio è specifico e variegato, assomigliando ad una Babele lessicale.
Gli ambienti (capitoli 4 e 6)
Due ambienti specifici del campo sono l’infermeria, che rappresenta una tregua momentanea in cui l’ombra della morte è però sempre presente e il lavoro, fisicamente estenuante, in cui Levi viene aiutato dal compagno francese Resnyk.
Aspetti psicologici (capitoli 5 e 7)
Levi descrive le notti insonni dei prigionieri, tormentati da incubi ricorrenti – che sono nel suo caso il non essere creduto dai familiari e avere del cibo che sparisce non appena prova a mangiarlo. Parla poi di un giorno di tregua in cui c’è più cibo del solito, in cui però riemerge la tristezza altrimenti dimenticata per la fame e le percosse.
Concetti profondi (capitoli 8 e 9)
In contrasto con l’eroe di Nietzsche, Levi descrive la condizione di prigioniero come nullità che sfrutta anche episodi banali (come il cambio della biancheria) per sopravvivere. Nasce così un mercato nero che segue sue specifiche regole di borsa, come il rapporto domanda/offerta e la speculazione. I prigionieri sono dunque da subito destinati a vivere o morire, superando i concetti di bene e male:
- Chi riesce ad avere un lavoro al sole e incarichi speciali può sperare;
- Chi segue le regole ufficiali del campo morirà.
Levi chimico (capitoli 10, 11 e 15)
Sfruttando la sua esperienza, Levi riesce a superare l’esame per diventare uno dei chimici del campo – guidato dalla sete di sapere. Egli descrive le impressioni sulla vita nel laboratorio, senza specificare le mansioni ma rendendo l’estraniazione causata dalla presenza di tre donne.
Altri prigionieri (capitoli 14 e 16)
Due prigionieri vengono ritratti nello specifico Klaus e Alberto della Volta, alter ego solidale e ingegnoso dell’autore. La scena dell’impiccagione di un prigioniero è particolarmente cruda perché mostra l’annullamento delle emozioni degli internati anche di fronte all’urlo di “compagni, io sono l’ultimo”.
I nazisti in difficoltà (capitoli 12, 13 e 17)
Le operazioni in Normandia e Russia ridanno speranza ai prigionieri, nonostante le frequenti retate – a cui Levi riesce a scampare nell’ottobre del 1944. L’ultimo capitolo, narrato sotto forma di diario, narra l’evacuazione del campo che condurrà alla cosiddetta marcia della morte. Levi e alcuni compagni si salvano rimanendo nel campo perché ricoverati, passando alcuni giorni aiutandosi a vicenda in attesa della liberazione da parte dell’Armata Rossa – avvenuta il 27 gennaio 1944.
L’esperienza del lettore
Il tono riflessivo del libro porta il lettore a porsi delle domande e immedesimarsi con i prigionieri, formando però il proprio giudizio in autonomia per la razionalità della narrazione. L’antisemitismo viene inserito in un contesto più ampio di ostilità verso il diverso, presentando i campi quasi come un esperimento irripetibile sul sapere e gli esseri umani in generale.
Il parallelismo con l’inferno di Dante
L’esperienza dei prigionieri è simile a quella dell'oltretomba, i campi sono un luogo da cui non c’è ritorno. I riferimenti alla Divina Commedia sono diversi:
- Il viaggio è come attraversare l’Acheronte;
- La porta d’ingresso rappresenta l’accesso al mondo dei dannati;
- L’infermeria viene paragonata al limbo, una tregua in cui non c’è giudizio;
- L’esame da chimico assomiglia a quelli condotti da Minosse;
- C’è un sovvertimento costante dei valori morali.