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Cesare Beccaria, con 'Dei delitti e delle pene', critica il diritto penale del XVIII secolo e propone una giustizia razionale e umana, basata sulla prevenzione del crimine e sul rispetto dei diritti individuali.
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Beccaria denuncia la mancanza di un sistema giuridico razionale e uniforme, evidenziando come le leggi dovrebbero essere chiare, universali e finalizzate al benessere comune
Benedikt Carpzov e Prospero Farinaccio
Beccaria attacca le interpretazioni soggettive di giuristi influenti dell'epoca, come Benedikt Carpzov e Prospero Farinaccio, che hanno contribuito a rendere il sistema giuridico penale ancora più complesso e arbitrario
Beccaria denuncia come le leggi penali siano spesso basate su opinioni private e interpretazioni dottrinali anziché essere finalizzate al benessere della società
Beccaria rifiuta la concezione retributiva della pena, sostenendo che il dolore inflitto al colpevole non debba essere un fine in sé, ma debba avere uno scopo più ampio
Beccaria propone che la pena debba avere come scopo principale la prevenzione del crimine, seguendo il principio dell'utilità che mira a massimizzare la felicità collettiva e a ridurre il dolore e la sofferenza
Beccaria sostiene la necessità di una riforma che ponga al centro la prevenzione del crimine e la proporzionalità delle pene, denunciando la crudeltà e l'inefficacia delle pene vigenti
Beccaria sostiene che il potere di punire sia delegato al sovrano, che agisce come custode della sicurezza pubblica
Beccaria afferma che il potere di punire debba essere esercitato solo per quanto strettamente necessario a mantenere l'ordine e la sicurezza sociale, evitando pene eccessive o non proporzionate al danno causato alla società
Beccaria insiste sulla necessità di leggi chiare e precise per evitare abusi di potere e garantire che le pene siano giuste e finalizzate alla prevenzione del crimine