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Il primo dopoguerra italiano fu segnato da crisi economiche, sociali e politiche. L'inflazione, la disoccupazione e il debito pubblico crebbero, mentre il biennio rosso vide scioperi e agitazioni. La crisi politica si acuì con il divario tra classe dirigente e popolazione, e la questione di Fiume evidenziò la percezione di una 'vittoria mutilata'. Il cambiamento politico portò all'ascesa di socialisti, cattolici e fascisti.
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L'emissione di moneta per finanziare lo sforzo bellico causò un aumento dei prezzi e una perdita del potere d'acquisto del ceto medio
Aumento della disoccupazione
La transizione delle industrie dalla produzione bellica a quella civile portò a un aumento della disoccupazione
I prestiti contratti con gli alleati durante la guerra portarono a un aumento esponenziale del debito pubblico
Il periodo tra il 1919 e il 1920 fu caratterizzato da scioperi e agitazioni, soprattutto nelle aree rurali, che alimentarono il timore di una rivoluzione
In alcune zone rurali si verificarono occupazioni delle terre, aumentando le tensioni sociali
L'élite liberale non riuscì a colmare il divario tra la classe dirigente e le masse popolari, eredità del Risorgimento
La decisione del governo di partecipare alla guerra fu impopolare tra la maggioranza della popolazione
Molti reduci, attraverso organizzazioni come l'Associazione Nazionale Combattenti, chiedevano un riconoscimento e un ruolo attivo nella vita politica del paese, contribuendo ad acuire le tensioni sociali
L'Italia si trovò in una posizione marginale rispetto agli altri paesi vincitori del conflitto
Le aspirazioni territoriali italiane, in particolare la rivendicazione su Fiume, entrarono in conflitto con la politica estera degli alleati e con i principi di nazionalità e autodeterminazione dei popoli
La decisione di Gabriele D'Annunzio di occupare la città di Fiume e proclamarne la Reggenza italiana del Carnaro alimentò la percezione di una "vittoria mutilata"
La fondazione del Partito Popolare Italiano e l'ingresso dei cattolici nella vita politica, insieme alla nascita del Partito Comunista Italiano, segnarono un cambiamento nella politica italiana
Le prime elezioni con il suffragio universale maschile evidenziarono il declino del consenso verso i partiti liberali e l'ascesa di socialisti e cattolici
La frammentazione e l'instabilità del panorama politico italiano evidenziarono la difficoltà della classe dirigente di adattarsi a una società sempre più orientata verso la partecipazione di massa
Il governo di Francesco Saverio Nitti tentò di instaurare un dialogo con i settori cattolici e socialisti, ma le sue politiche non riuscirono a placare i conflitti interni
Il ritorno di Giovanni Giolitti portò alla gestione della questione di Fiume e delle crescenti tensioni sociali
Il trattato del 1920 risolse solo in parte la disputa territoriale con la Jugoslavia