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La propaganda razzista e il Manifesto della Razza sono stati pilastri dell'Italia fascista, negando l'uguaglianza tra le 'razze'. Studi genetici come quelli di Lewontin e Cavalli Sforza hanno poi smentito queste teorie, dimostrando l'inesistenza di razze biologicamente distinte e confermando l'origine comune dell'umanità attraverso la ricerca sul DNA mitocondriale.
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Il Ministero dell'Educazione Nazionale, diretto da Giuseppe Bottai, fu protagonista nella diffusione della propaganda razzista durante il regime fascista in Italia
La rivista "La Difesa della Razza" fu uno strumento di diffusione della propaganda razzista durante il regime fascista in Italia
Il Manifesto della Razza, pubblicato il 14 luglio 1938, delineava la politica razziale ufficiale del regime fascista in Italia, negando la parità tra le "razze" e affermando la presunta superiorità della "razza ariana"
L'idea di classificare gli esseri umani in "razze" basate su caratteristiche fisiche emerse durante il periodo delle grandi scoperte geografiche e delle espansioni coloniali europee
Le teorie evolutive di Charles Darwin, pubblicate nel XIX secolo, hanno sfidato le concezioni razziali proponendo l'idea di un'origine comune per tutti gli esseri umani e sottolineando la variabilità all'interno delle specie
Gli studi genetici hanno dimostrato l'inconsistenza biologica del concetto di razza umana, evidenziando la continuità genetica dell'umanità e la non esistenza di razze biologicamente distinte
La ricerca sul DNA mitocondriale ha fornito prove dell'origine comune dell'umanità e ha smentito l'idea di razze biologicamente distinte
Lo studio pionieristico del 1987 di Rebecca Cann, Mark Stoneking e Allan Wilson ha evidenziato che tutti gli esseri umani moderni discendono da una donna vissuta in Africa circa 150-200.000 anni fa
Le migrazioni umane hanno portato a una diffusione della diversità genetica, ma non a una separazione sufficiente per giustificare la nozione di razze distinte