L'ascesa dei Comuni in Italia segna un periodo cruciale nel Medioevo, con la nascita di entità politiche autonome che si affrancano dal controllo feudale. Governati da consoli e podestà, questi Comuni vedono l'emergere di nuove classi sociali e la lotta per il potere politico, culminando in un sistema oligarchico.
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Durante il Medioevo, le città-stato in Italia si emanciparono dal controllo feudale e ecclesiastico, instaurando forme di autogoverno
Mentre le città del Nord e Centro Italia si svilupparono come Comuni autonomi, nel Sud Italia la presenza di regni forti limitò questo fenomeno
Con il tempo, la partecipazione politica si estese a nuovi strati sociali, rendendo il governo comunale più rappresentativo degli interessi collettivi
Il governo dei Comuni era affidato a magistrati eletti, noti come consoli, che avevano la responsabilità di gestire le funzioni amministrative, giudiziarie, fiscali, monetarie e militari
Per mitigare l'instabilità politica, i Comuni introdussero la figura del podestà, un magistrato esterno che aveva il compito di mantenere l'ordine pubblico e la giustizia
Le tensioni sociali portarono alla creazione della figura del capitano del popolo, che difendeva gli interessi delle Arti, escludendo però il "popolo minuto" dalla partecipazione politica
A partire dal XIV secolo, le istituzioni comunali iniziarono a declinare a causa delle lotte interne, delle pressioni esterne e delle tensioni sociali
Nonostante le rivendicazioni delle classi più basse, il potere politico rimase saldamente nelle mani di un'élite ristretta, evidenziando come l'idea di un Comune "democratico" sia un'interpretazione moderna e idealizzata