L'evoluzione dei 'Canti' di Giacomo Leopardi riflette il suo percorso intellettuale, dalle prime Canzoni civili agli Idilli e alla maturità poetica. La raccolta esplora temi come il 'vago', la noia e l'amore, culminando nella visione etica de 'La Ginestra'. Le 'Operette morali' completano l'opera con satira filosofica.
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I "Canti" di Giacomo Leopardi sono il culmine della sua produzione lirica e sono frutto di un'evoluzione editoriale e concettuale, che si completa con l'edizione postuma del 1845
Passaggio da "Canzoni" a "Canti"
Con il passaggio dalla denominazione "Canzoni" a "Canti", Leopardi segnala una svolta nella sua concezione poetica, abbracciando una poesia più universale e immaginativa
Distacco dai modelli classici e petrarcheschi
Leopardi si distacca dai modelli classici e petrarcheschi per abbracciare una poesia più universale e immaginativa, in netto contrasto con le correnti romantiche coeve
Nel 1819, Leopardi attraversa una significativa "conversione filosofica", che lo porta a valorizzare il "vero" al di sopra del "bello", riflettendosi nella sua poesia con toni più intimisti e riflessivi
Alla luna" e "La sera del dì di festa
Durante la sua "conversione filosofica", Leopardi compone gli idilli "Alla luna" e "La sera del dì di festa", che si distaccano dalla canzone classica per indagare il concetto di "vago", legato al ricordo e all'immaginazione
L'Infinito
"L'Infinito" rappresenta il vertice della fase degli idilli, con la sua portata metafisica e la sua lingua dolce e suggestiva
Tra il 1828 e il 1830, durante il soggiorno a Pisa e il successivo ritorno a Recanati, Leopardi compone i cosiddetti canti pisano-recanatesi, che verranno inclusi nei "Canti" del 1831, caratterizzati dalla "canzone leopardiana"
Nell'edizione dei "Canti" del 1835, Leopardi introduce il "ciclo di Aspasia", ispirato dalla passione non corrisposta per la figura di Fanny Targioni Tozzetti, che affronta il tema della caduta dell'ultima illusione, l'amore, e la conseguente presa di coscienza razionale
"La Ginestra", composta nel 1836, è l'ultima grande opera poetica di Leopardi, che medita sulla condizione umana e sull'indifferenza della natura, proponendo un'etica di solidarietà nel dolore
Leopardi elabora la sua "teoria del piacere" e la nozione di "vago" poetico nello "Zibaldone", un'opera diario che raccoglie pensieri e appunti, esercitando un'influenza decisiva sulla sua produzione letteraria
Contemporaneamente alla sua produzione poetica, Leopardi si dedica alla stesura delle "Operette morali", una raccolta di venti dialoghi e testi in prosa pubblicati nel 1827, che affrontano temi filosofici, morali e sociali con un approccio satirico e critico
Il "Dialogo di Timandro e di Eleandro" rappresenta un addio metaletterario all'opera leopardiana, smascherando l'antropocentrismo e le illusioni umane presenti nelle "Operette morali"
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