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La disintegrazione della Jugoslavia

La disgregazione della Jugoslavia post-Tito è un periodo cruciale che vide l'escalation di tensioni etniche e nazionaliste dopo la morte del leader. Con la Slovenia e la Croazia che dichiarano indipendenza e il conflitto in Bosnia, il quadro geopolitico dell'Europa sudorientale fu ridefinito, culminando negli Accordi di Dayton del 1995.

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1

Composizione federale Jugoslavia

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Sei repubbliche: Slovenia, Croazia, Bosnia-Erzegovina, Macedonia, Montenegro, Serbia; due province autonome: Kosovo, Vojvodina.

2

Richieste Slovenia e Croazia

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Maggiori autonomie a causa del loro maggiore sviluppo economico rispetto al resto della federazione.

3

Discorso di Milosevic a Kosovo Polje

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Incitamento al nazionalismo serbo, marcando un punto di svolta verso l'acuirsi delle tensioni etniche.

4

Il ritiro dei delegati di ______ e ______ nel 1990 ha segnato una frattura irreparabile nella Lega dei Comunisti di Jugoslavia.

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Slovenia Croazia

5

Proclamazione di indipendenza Krajina e Slavonia

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Regioni serbe in Croazia dichiarano indipendenza, acuendo il conflitto.

6

Assedio di Vukovar

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Città croata assediata dall'esercito jugoslavo e milizie serbe, simbolo delle atrocità del conflitto.

7

L'______ di ______ divenne l'emblema della violenza del conflitto in Bosnia, nonostante la presenza delle forze di pace dell'______.

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assedio Sarajevo ONU

8

Genocidio di Srebrenica - Data e vittime

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Luglio 1995, oltre 8.000 bosniaci musulmani massacrati.

9

Risposta USA al genocidio

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Intensificazione del supporto militare alla Croazia.

10

Effetto dei bombardamenti NATO in Bosnia

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Cambiamento dell'equilibrio delle forze, spinta verso negoziati di pace.

11

La Bosnia-Erzegovina, dopo gli accordi, fu divisa in due parti: la ______ e la ______.

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Federazione di Bosnia ed Erzegovina Repubblica Serba

Q&A

Ecco un elenco delle domande più frequenti su questo argomento

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La Disgregazione della Jugoslavia Post-Tito

La morte di Josip Broz Tito nel 1980 lasciò un vuoto di potere in Jugoslavia, esacerbando le tensioni etniche e nazionaliste preesistenti. La federazione, composta da sei repubbliche e due province autonome, si trovò ad affrontare una grave crisi economica e un crescente dissenso interno. La Slovenia e la Croazia, più prospere, iniziarono a chiedere maggiori autonomie, mentre in Kosovo, la tensione tra albanesi e serbi si acuì. In Serbia, Slobodan Milosevic salì al potere cavalcando l'onda del nazionalismo serbo, come dimostrato dal suo discorso a Kosovo Polje nel 1989, che esacerbò ulteriormente le divisioni nazionali.
Paesaggio urbano devastato con edifici distrutti, strada dissestata e detriti, senza segni di vita, sotto un cielo grigio.

L'Inizio del Conflitto e le Dichiarazioni di Indipendenza

La fine della Guerra Fredda e il collasso del comunismo in Europa orientale influenzarono profondamente la Jugoslavia. Nel 1990, il ritiro dei delegati sloveni e croati dal congresso della Lega dei Comunisti segnò una frattura irreparabile. Le elezioni multipartitiche videro la vittoria di partiti nazionalisti in Slovenia e Croazia, che proclamarono la loro indipendenza nel giugno 1991. La Slovenia si distaccò con un breve conflitto, mentre la Croazia, con una consistente minoranza serba, si trovò di fronte a una resistenza armata sostenuta dal governo di Belgrado.

La Guerra in Croazia e l'Assedio di Vukovar

Il conflitto in Croazia si intensificò con la proclamazione di indipendenza delle regioni serbe di Krajina e Slavonia. L'assedio di Vukovar, condotto dall'Esercito Popolare Jugoslavo e dalle milizie serbe, fu uno dei momenti più drammatici del conflitto, culminando in gravi atrocità contro la popolazione civile. La Comunità Europea e altre organizzazioni internazionali tentarono invano di mediare, ma la guerra proseguì caratterizzata da violenze e pulizia etnica.

Il Conflitto in Bosnia-Erzegovina e l'Intervento Internazionale

La Bosnia-Erzegovina, con la sua popolazione etnicamente mista, divenne il teatro di un conflitto ancora più complesso e sanguinoso. Nonostante l'opposizione dei serbi bosniaci, nel 1992 fu indetto un referendum che portò alla dichiarazione di indipendenza della Bosnia. Seguì una guerra tripartita, con l'assedio di Sarajevo che divenne simbolo della brutalità del conflitto. Le forze di pace dell'ONU, inclusa la missione UNPROFOR, non riuscirono a prevenire le atrocità né a imporre una soluzione pacifica.

Il Cambiamento di Strategia degli Stati Uniti e l'Intervento della NATO

La strategia degli Stati Uniti subì una svolta dopo il genocidio di Srebrenica nel luglio 1995, dove furono massacrati oltre 8.000 bosniaci musulmani. L'amministrazione americana, sotto la guida del presidente Bill Clinton, intensificò il supporto militare alla Croazia e, in collaborazione con la NATO, avviò una campagna di bombardamenti aerei contro le posizioni serbe in Bosnia. Questa azione militare contribuì a cambiare l'equilibrio delle forze sul campo e a spingere le parti verso i negoziati di pace.

Gli Accordi di Dayton e la Fine del Conflitto

I negoziati di pace di Dayton, tenutisi negli Stati Uniti nel novembre 1995, portarono alla firma degli accordi che misero fine al conflitto. L'intesa prevedeva il riconoscimento delle frontiere internazionali della Bosnia-Erzegovina e la sua divisione in due entità principali: la Federazione di Bosnia ed Erzegovina, a maggioranza bosniaco-croata, e la Repubblica Serba. La Croazia riaffermò la propria sovranità sulle aree contese e mantenne una certa influenza nella Bosnia occidentale, mentre la Serbia, guidata da Milosevic, fu riconosciuta come attore chiave nel processo di pace, e i serbi bosniaci conservarono il controllo su ampie zone della Bosnia-Erzegovina.