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La disgregazione della Jugoslavia post-Tito è un periodo cruciale che vide l'escalation di tensioni etniche e nazionaliste dopo la morte del leader. Con la Slovenia e la Croazia che dichiarano indipendenza e il conflitto in Bosnia, il quadro geopolitico dell'Europa sudorientale fu ridefinito, culminando negli Accordi di Dayton del 1995.
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La morte di Tito nel 1980 portò a un vuoto di potere e ad un aumento delle tensioni etniche in Jugoslavia
La Jugoslavia si trovò ad affrontare una grave crisi economica e un crescente dissenso interno dopo la morte di Tito
Dopo la morte di Tito, Slobodan Milosevic salì al potere in Serbia grazie al nazionalismo serbo, come dimostrato dal suo discorso a Kosovo Polje nel 1989
Nel 1990, il ritiro dei delegati sloveni e croati dal congresso della Lega dei Comunisti segnò una frattura irreparabile
Le elezioni multipartitiche del 1990 videro la vittoria di partiti nazionalisti in Slovenia e Croazia, che proclamarono la loro indipendenza nel giugno 1991
La Croazia si trovò di fronte a un conflitto armato con la minoranza serba e all'assedio di Vukovar, culminato in gravi atrocità contro la popolazione civile
Nel 1992, la Bosnia-Erzegovina dichiarò la sua indipendenza e seguì una guerra tripartita tra bosniaci, croati e serbi
L'assedio di Sarajevo divenne simbolo della brutalità del conflitto, nonostante la presenza delle forze di pace dell'ONU che non riuscirono a prevenire le atrocità
Dopo il genocidio di Srebrenica, gli Stati Uniti intensificarono il loro supporto militare alla Croazia e, in collaborazione con la NATO, avviarono una campagna di bombardamenti aerei che portò alla firma degli accordi di pace di Dayton nel 1995