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La scoperta del DNA come materiale ereditario segna una pietra miliare nella genetica. Friedrich Miescher identificò per primo il DNA nel 1869, ma solo dopo gli esperimenti di Griffith nel 1928 e le conferme di Avery nel 1944, la sua funzione ereditaria fu accettata. Gli esperimenti di Hershey e Chase nel 1952 fornirono la prova definitiva del ruolo del DNA nell'ereditarietà.
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Nel 1869, Friedrich Miescher isolò una sostanza dai nuclei dei globuli bianchi, che chiamò "nucleina", poi identificata come acido desossiribonucleico (DNA)
Il ruolo centrale del DNA nell'ereditarietà
Solo negli anni '50 fu accettato universalmente che il DNA svolgesse un ruolo centrale nell'ereditarietà, nonostante i genetisti avessero compreso che i geni erano associati ai cromosomi nel corso del XX secolo
Inizialmente, si riteneva che le proteine fossero i candidati più probabili come materiale genetico, ma due serie di esperimenti decisivi dimostrarono che il DNA era il vero veicolo dell'informazione genetica
Nel 1928, Frederick Griffith osservò il fenomeno della "trasformazione genetica" mentre studiava il batterio Streptococcus pneumoniae, dimostrando che una sostanza chimica, il "fattore di trasformazione", poteva trasferire la virulenza da un ceppo batterico all'altro
Nel 1944, attraverso una serie di esperimenti di purificazione e degradazione enzimatica, Oswald Avery e i suoi collaboratori dimostrarono che solo la distruzione del DNA, e non di altre sostanze, impediva la trasformazione genetica dei batteri
Nel 1952, Alfred Hershey e Martha Chase utilizzarono un virus che attacca i batteri per dimostrare che solo il DNA del virus entrava nella cellula ospite durante l'infezione, consolidando il ruolo del DNA come principale agente ereditario nelle cellule